lunedì 3 giugno 2013

Povertà e rinunce

Un tipo di cammino spirituale ha sempre cercato di vedere nelle cose materiali degli ostacoli per l'apprendimento. Si dà importanza alla povertà perché sembra che la povertà dia migliori garanzie, come se Dio amasse più i poveri. La famosa battuta del cammello che deve passare per la cruna dell'ago...

Già, ma questo cosa significa? In realtà la ricchezza, come le altre cose di questo mondo è neutrale. Sono i pensieri che si hanno rispetto alla ricchezza che possono in qualche modo generare una accelerazione o un rallentamento nella guarigione.

Forse l'approccio più pratico è quello di considerare prima di tutto la necessità di sostenersi e di non avere debiti o comunque di mettersi in condizione di poterli ripagare. Non è pensabile guarire, meditare, dedicarsi a cose elevate con un mutuo da pagare o altre preoccupazioni materiali.

E' qui che interviene forse il concetto di povertà, nel senso che è più facile guadagnare poco che guadagnare molto, e a parte casi particolari il guadagno è proporzionale al tempo che uno dedica al lavoro... quindi per avere più tempo per cose "spirituali" uno deve lavorare di meno, lavorando di meno deve vivere con meno... ecco che quindi la povertà non è una condizione necessaria, ma la sobrietà sì.

Perché grazie alla frugalità uno può avere più energie per dedicarsi ad altro. Resta il problema che questa sobrietà può avere un valore etico che invece è del tutto assente in un atteggiamento pratico.

Non è che divento povero perché è più spirituale, no, perché vivendo più poveramente libero del tempo che posso dedicare ad altre cose. E' solo una questione utilitaristica.

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