giovedì 25 aprile 2013

Cose che importano

Il processo di guarigione opera togliendo cose, non mettendocene. C'è in ballo la vita, la nostra vita eppure da un altro punto di vista la nostra vita non importa poi tanto: se siamo parte del tutto non ha molto senso guarire, o, meglio, sembra non importare molto. In un organismo una cellula può tranquillamente morire e non impatta tutto il resto.

Ma in realtà l'analogia potrebbe anche non essere questa: potrebbe essere quella di una cellula che invece muta, diventa maligna, allora sì che la nostra salvezza (o guarigione) importa. Ritorna la parabola del Buon Pastore che lascia il gregge scoperto per andare a prendere quell'unica pecora smarrita. Perché darsi tanta pena per una?

Perché il gregge non può funzionare senza tutte le pecore. Uscendo dalla metafora religiosa la nostra guarigione non è un fatto solo nostro. Certo, a guarire siamo noi ma ognuno è parte di una rete: figli, genitori, sorelle, fratelli, amici, colleghi. La nostra guarigione non è un fatto personale (non lo è più) se poi le persone attorno a noi stanno meglio.

Un tempo parlavo di egoismo della guarigione: adesso dovrei parlare di egoismo della malattia, ossia la persona che non guarisce in realtà vuole farla pagare al gregge attorno a lei, il suo stato di non guarigione è una richiesta d'aiuto fatta a mo' di pretesa: "Io sto male, quindi anche voi, che mi state vicino, dovete stare male nel vedere come io sto male".

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