lunedì 8 aprile 2013

Essere guariti o guarire?

Viene sempre l'idea, è inevitabile. E' un'idea che a parole si può esprimere così: "Sì, è bello guarire, ma non da soli". C'è una resistenza alla guarigione solitaria, perché viene da pensare che guarire significa anche (e forse solo!) trovare l'anima gemella, il partner ideale, vivere una vita piena di pace e armonia.

Questa idea di risarcimento è la più dura da mandare via, ma prima di tutto occorre esaminare perché sia da mandare via o, meglio, studiare alla luce di una migliore consapevolezza. Il guarire è estremamente personale; così come una malattia interna (non contagiosa) rimane un fatto personale, non trasmissibile (un infarto, un tumore, ecc...) così la malattia "spirituale" è un fatto interno, mio, un mio ostacolo che per certi versi mi sono posto di fronte.

L'idea di trovare il salvatore che mi tolga questo ostacolo e che mi faccia guarire è fallata perché il percorso di guarigione sta proprio nell'andare fino in fondo al dolore per scoprire che, in realtà, il dolore, come tutto il resto, è caduco e vuoto.

Dare importanza al proprio vissuto significa rimettere in piedi l'ego, gonfiarlo come il pilota automatico ne "L'aereo più pazzo del mondo" e lasciare che lui, di nuovo, guidi la nostra vita.


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