lunedì 27 maggio 2013

Prima il dovere?

La Domanda principale (con la D maiuscola!) è sapere se il momento è quello giusto per interessarsi di queste cose. Si vedono sempre due tipi di persone cosiddette spirituali, ed entrambe hanno uno stigma negativo. Il primo è il cosiddetto "santone" nel senso eremita, povero, magari senza fissa dimora, l'homeless, l'emarginato dalla società, che vive di espedienti.
L'altro, al contrario, è il santone affarista, quello che viaggia in Ferrari, che tiene conferenze su come amare tutti e poi si fa pagare fior di quattrini per un'ora di consulenza su come aprire i tuoi chackra. Insomma, il ciarlatano.

Ma dove stiamo noi? La paura è che la via spirituale, siccome non può portare (se non per pochi fortunati (?)) il successo, allora è una via di rinuncia, di estraniamento dal mondo, di povertà, se non proprio di miseria.

Allora c'è il senso del dovere, del fare qualcosa per se stessi di concreto, prima il dovere, appunto, prima la famiglia, il lavoro, i figli, forse a queste cose ci si penserà in pensione, se si avrà tempo.

In realtà la questione è quella di risolvere sicuramente i problemi concreti. Vivere, avere un tetto, avere una discreta sicurezza economica che vuol dire essenzialmente avere un valore netto positivo (niente debiti) e un costante flusso di cassa, od anche variabile ma nel lungo periodo positivo.

Risolto questo tutto il resto è abbastanza libero, nel senso che la persona è libera di seguire i suoi propri scopi; c'è da dire che il mondo sembra proprio andare contro questa idea di indipendenza. Ma è solo un'impressione, in realtà c'è sempre una scelta.

Prima il dovere, dunque? Sì, se questo rende tranquilli, ma il dovere può anche essere meno di quello che si pensa. E' una scelta.

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